Parte prima
Prima dei copiosi flussi migratori “solo in entrata”, pur essendo situata a Nord, era incredibilmente popolata da numerosissime famiglie immigrate dal Sud Italia e, inevitabilmente, la nostra cadenza linguistica risultava quella lasciataci in eredità dai nostri genitori. Nel mio condominio, ad esempio, non vi era l’ombra di lombardi. Ragione per la quale, pur essendo nato a Milano, mi è capitato spesso di essere additato con l’appellativo di ”Terrone”.
I ragazzetti, a scuola o in giro per il paese quanto t’incrociavano, ti provocavano dicendoti (in siculo): – Che minchia ti talii? Talia che beddu – . Significava: cosa ti guardi, quanto sei bello. In ogni caso eravamo tutti coscenti di non dover incrociare lo sguardo di determinati individui.
Non contenti di quelle che già ricevevamo a casa dai nostri genitori, spesso ce le davamo di santa ragione anche tra amici e conoscenti. Più menavi, più eri virile e rispettato. Oltretutto, sembrava non esistessero i pronto soccorso, assistenti sociali, avvocati e forze dell’ordine. Capitava anche di essere aggrediti da persone grandi estranee alla sfera famigliare ed il concetto rimaneva semplice: se avessi mancato di rispetto ad una persona adulta, le avresti prese da quest’ultima e anche dai tuoi genitori quando tornavi a casa nel caso raccontassi l’accaduto.
A Pioltello, in strada, quando parlavi di determinati personaggi, dovevi farlo sottovoce per paura che qualcuno ti potesse sentire.
Negli anni ottanta/novanta, l’omertà, credetemi, era già stata importata da un pezzo.
Il bullismo è cosa molto attuale oggi, ma lo era altresì trent’anni fa. Solo che ai tempi non esistevano le fotocamere per poter riprendere ciò che accadeva e conseguentemente non vi era la possibilità di poter pubblicare i video sui social.
Per noi adolescenti del tempo era normale prenderle dai nostri coetanei, darle, avere paura, bullizzare ed essere presi di mira dai più scalmanati.
A Pioltello andavano di moda i “duelli“ davanti alle scuole, ai bar, un po’ ovunque e se qualcuno ti “puntava”, non ci sarebbe stato nulla da fare. Se nel caso fossi riuscito a tenerlo a bada o a defilarti, il giorno dopo si sarebbero ripresentati l’amico, il cugino o altri, pronti ad affrontarti.
Era un po’ come nel film “Highlander, l’ultimo immortale”, ne sarebbe dovuto rimanere solamente uno, il più forte e il più tamarro che inevitabilmente sarebbe divenuto il “boss” del quartiere e avrebbe goduto del rispetto da parte di tutti.
Soprattutto nel periodo di carnevale, organizzavamo spedizioni punitive verso Cernusco Sul Naviglio e maltrattavamo i primi “sfigati” che ci capitavano a tiro. Mentre per noi era puro svago e sfogo, per quei ragazzi, quei giorni diventavano un incubo. Spesso queste faide si spostavano oltre, fino ad arrivare ai confini di Cologno Monzese.
In questo altro paesone popolare molto simile a Pioltello, trovavamo tuttavia filo da torcere e alla fiera di San Giuseppe che si teneva a Cernusco nel mese di marzo, spesso si consumavano nei paraggi delle giostre autoscontro veri e propri regolamenti di conti.
Le risse, all’epoca erano considerate un qualcosa di molto simile ad uno sport popolare.
Più grandicelli, poi, guai ad entrare in un bar per ordinarti da solo un Campari con bianco se ci fossero stati determinati personaggi nei paraggi. Se lo avessi fatto senza offrire ai presenti, saresti stato considerato un infame o uno sbirro.
Continua…