Il mercato del sabato è un crocevia di persone, macchine da ogni dove. Non solo i pioltellesi vanno al mercato, ma tutto l’hinterland si riunisce il sabato mattina. La piazza del mercato si anima. È così diversa la piazza quando c’è il mercato: senza bancarelle è in un modo, con le bancarelle in un altro.
Le gente cammina in un verso o nell’altro, le donne stringono a sé le borse, gli anziani spingono i carrellini pieni di roba e tutti si guardano intorno come se stessero cercando qualcosa, ma in realtà, tutte le persone che vanno al mercato il sabato è perché non hanno nulla da fare, ma è necessario darsi un tono e far finta di cercare qualcosa che deve assolutamente essere trovata in questo sabato di aprile in cui c’è il sole ma non si suda.
Brusii. Le urla del pescivendolo e quelle del fruttivendolo non sono sguaiate, né fuori luogo, è solo un modo come un altro di chiamare il prossimo della fila.
Odori. Il pollo arrosto del macellaio e le patatine fritte. Il profumo della frutta e della verdura. L’acidità del formaggio e la puzza di pesce che rimarrà attaccata al cemento per ore.
Un passo indietro, vicino al mercato, i bar sono circondati di persone: il rumore delle tazze nel vassoio della barista, il profumo delle brioches appena sfornata e quello del caffè. Ai bambini non importa nulla del bar perché un po’ più a sinistra del bar c’è un parco da cui provengono alcune risate, e qualche urlo acuto.
La gente parcheggia ovunque. Il sabato vige l’anarchia: non importa quante voltanti della polizia locale gireranno per Pioltello, tanto non avranno mai abbastanza tempo per fare la multa a tutte le persone che hanno costruito un parcheggio lì dove c’era la fermata dell’autobus, o lì dove c’era l’ingresso di un palazzo. Il sabato nessuno teme l’autorità.
I meno temerari decidono di parcheggiare un po’ più distante dal mercato, lasciano la macchina nel parcheggio del cinema o su Viale San Francesco: da una parte gli orti comunali dall’altra una torre in pietra che potrebbe crollare da un momento all’altro ma che resiste, stoica, da anni. Se mai si volesse raggiungere la costruzione in cemento, bisognerebbe attraversa una distesa verde, camminare lungo un viale sterrato per giungere in luogo surreale: in un sabato qualunque di aprile, ai rumori del mercato si oppone il silenzio di un luogo che, sicuramente appartiene a qualcuno, ma che a prima vista pare abbandonato da anni. Lì ci tramonta il sole.
Il sabato è il giorno del mercato, lo è per tutti, anche per Pioltello vecchio, che almeno il sabato passa in secondo piano: dato che nessuno ci può parcheggiare, nemmeno i pioltellesi. Per un giorno alla settimana la protagonista in discussa è la piazza del mercato: luogo di ritrovo, di feste, comizi. Tutte le strade portano in piazza.
I meno temerari, che hanno parcheggiato su Viale San Francesco, potrebbero trovarsi dinnanzi a un bivio: girare a sinistra o a destra. Se girano a sinistra arrivano al mercato, se vanno dall’altra parte, dopo aver comprato il giornale dal giornalaio con la tendina gialla, potrebbero fare due passi e finire nei vicoli stretti di Pioltello vecchio. Pioltello è costellata di bar, mentre le edicole sono tre: quella con la tendina gialla, la mia preferita, quella vicino alla fermata dello Z402 e quella che si incontra appena si entra nella zona vecchia di Pioltello. Quiete tra le vecchie mura della città e rumore nell’ampio agorà che ogni tanto cambia forma o colore: quante volte è cambiato il pavimento della piazza? Qualche volte è stato rifatto il palchetto?
Il mercato del sabato dura alcune ore. Vero le 12.30 le persone iniziano a tornare a casa, alcune arrivano per farsi un giro veloce, ma poi, senza che nessuno se ne accorga, le bancarelle iniziano a scomparire.
Non ho mai osservato il momento esatto in cui le bancarelle scompaiono, ma un venerdì notte qualunque, tornai a casa nell’esatto momento in cui i primi commercianti iniziavano ad allestire le loro bancarelle: nel silenzio di una notte che volgeva al termine, vi erano solo due rumori che risuonava in quella piazza deserta: il tintinnio dell’acciaio e il rombo dei motori prima che il mercato prendesse vita.
Il mercato non mi è mai piaciuto: troppi rumori, troppe persone e soprattutto troppe macchine parcheggiate davanti l’ingresso del mio condominio; eppure ora, che non posso passeggiare, ora che nessuno fa rumore nei miei venerdì notte, ora che comprare il giornale è un atto ribelle se non esci con la mascherina, tutto questo mi manca.
Cogliere la bellezza nella semplicità è una delle cose che mi viene più difficile fare. Solo ora che la mia normalità è mutata, mi rendono conto della bellezza che mi circondava: piccole abitudini quotidiane, moltitudini di vite che si incontrano in una piazza, si scambiano sorrisi e si offrono caffè, i bambini che corrono e i genitori che urlano. Momenti di trascurabile semplicità che, in questo sabato di aprile, a me appaiono come le cose più belle di questo paese.